La spada e l’elefante: il Parco Nazionale della Sila e la Soprintendenza presentano sabato 25 al Centro Visite ‘Cupone’ le ultime scoperte
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Lorica, 22 novembre 2017 – Il Parco Nazionale della Sila si rivela ancora una volta pieno di sorprese, oltre che importante non solo dal punto di vista naturalistico. Anche grazie alla singolare siccità dell’anno in corso che ha comportato il ritiro delle acque lacustri e la conseguente emersione di aree solitamente sommerse, sono state rinvenute infatti lo scorso 17 settembre sulla riva meridionale del lago Cecita, in località Campo San Lorenzo, nel comune di Spezzano della Sila (CS), un Elephas antiquus e un’area destinata alla produzione di armi da parte dei Longobardi.
La scoperta è avvenuta ad opera di funzionari della ”Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio” per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, recatisi sul posto al fine di recuperare alcuni reperti metallici presenti sulla superficie emersa e abilmente identificati dal Soprintendente, il dott. Mario Pagano, come armi pertinenti al popolo dei Longobardi, finora primi ed unici esemplari attestanti la loro presenza nel comprensorio della Sila Grande.
Questa zona ritorna quindi nuovamente a confermare la sua importanza, unitamente all’intero comprensorio montano e lacustre delle Sila Grande, per la conoscenza del patrimonio archeologico calabrese e delle dinamiche insediative che hanno interessato questi luoghi nel tempo, dalla Preistoria fino all’Alto Medioevo (cioè da diverse centinaia di migliaia di anni fa fino al VI secolo).
Il ritrovamento dell’Elephas antiquus si caratterizza poi per la sua singolarità nel quadro delle evidenze note dell’Italia peninsulare e in particolare della Calabria. La sua parziale connessione anatomica, i meccanismi di conservazione e l’assenza, allo stato attuale, di ulteriori elementi associativi di natura antropica, farebbero pensare che l’elefante sia stato vittima di una morte naturale sulle rive del lago.
Elephas Antiquus (molare)
Le porzioni anatomiche messe in luce evidenziano dei caratteri diagnostici che si riconoscono in Elephas antiquus, quali le zanne leggermente arcuate della lunghezza di 3 metri e frammenti diafisari che ricostruiscono un’altezza di 4 metri al garrese; una specie che ha abitato l’Europa a partire dai 700.000 anni fa o anche prima e che farebbe propendere per una datazione molto antica del contesto del lago Cecita.
Le operazioni di recupero dei reperti ritenuti asportabili hanno rilevato la ricchezza dell’area, che dovrà essere ulteriormente indagata al fine di fornire una più chiara e completa interpretazione archeologica. I materiali asportati saranno sottoposti a pulizia, consolidamento e restauro presso il laboratorio archeologico dell’Università degli Studi del Molise, per essere poi nuovamente riconsegnati sul territorio silano per una loro debita valorizzazione.
Considerate queste importanti scoperte e tenuto conto che molti resti dell’elefante sono ancora conservati all’interno dei sedimenti accumulati sulle sponde del lago, è ferma intenzione degli studiosi che si sono occupati del contesto di effettuare nuove e più accurate indagini nel prossimo futuro. Fugaci ricognizioni lungo la riva del lago, a poca distanza dai resti dell’Elephas, hanno peraltro palesato la presenza di testimonianze d’interesse archeologico che rimandano a fasi di frequentazione del luogo, da parte dell’uomo, nel corso degli ultimi sei millenni.
Scramasax (arma Longobarda)
Pertanto si sta già lavorando ad un progetto di ricerca che preveda, oltre al recupero dello scheletro dell’elefante ancora in situ, anche una serie di ricognizioni esplorative lungo le sponde del bacino lacustre (allo scopo di individuare nuovi siti d’interesse paleontologico e archeologico), insieme a perlustrazioni dall’alto con l’impiego di droni e, infine, un programma di analisi specialistiche di tipo sedimentologico, archeobotanico e palinologico, tese ad acquisire dati utili per pervenire ad una precisa ricostruzione paleoambientale in senso diacronico.
Le attività di ricerca finora svolte sono state rese possibili grazie alla sinergia tra: Parco Nazionale della Sila; Segretariato Regionale del MiBACT per la Calabria; Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone; Comune di Spezzano della Sila; Università degli Studi del Molise; Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
I risultati degli scavi verranno presentati il 25 novembre prossimo in un convegno aperto al pubblico presso il Centro Visite “Cupone” del Parco Nazionale della Sila, a partire dalle ore 10.30.