La Sila, un patrimonio italiano (Francesca Canino - Il Giornale dell'Ambiente, 07 gennaio 2021)
- Details
“CANTI DI RIVI E MORMORII DI FONTI E PER L’ARIA INFINITA PROFUMI MAI SENTITI CHE DANNO UN’ONDA DI DOLCEZZA AL CUORE. OH! VECCHIA SILA, TU TERRA D’INCANTI” (MICHELE DE MARCO, POETA CALABRESE)
La Sila, un patrimonio italiano (Francesca Canino - Il Giornale dell'Ambiente, 07 gennaio 2021)
Il polmone verde d’Europa
La Sila è un vasto altopiano che si estende per circa 150mila ettari nella parte centro-settentrionale della Calabria, tra le province di Cosenza, Crotone e Catanzaro. Suddivisa in Sila Greca, Sila Grande e Sila Piccola è definita il polmone verde d’Europa per le immense foreste di aghifoglie e latifoglie.
Boschi e aree protette
Boschi di faggio, castagno e pini occupano buona parte del territorio silano, caratterizzato dalla presenza di aree protette. Tra queste il Parco Nazionale della Sila, la riserva di pini ultracentenari denominata “I Giganti di Fallistro”, venticinque Siti di interesse Comunitario (SIC), un Sito di interesse Nazionale (SIN), tre Zone di Protezione Speciale (ZPS), ossia aree soggette a particolare tutela e inserite nella Rete Europea NATURA 2000 di Protezione e Salvaguardia e altre riserve naturali statali biogenetiche. Nel 2014, la Sila è divenuta la decima Riserva della Biosfera italiana MaB (Man and the Biosphere) nella Rete Mondiale dei siti di eccellenza dell’UNESCO.
La Riserva della Biosfera della Sila
“La Riserva della Biosfera della Sila si trova in Calabria e include il Parco Nazionale della Sila. Il territorio comprende il vasto altopiano omonimo, che possiede paesaggi molto variegati con morene glaciali, laghi e sorgenti. Grazie alle sue caratteristiche morfologiche e geografiche, la Riserva della Sila ospita una grande varietà di ambienti naturali con differenti microclimi, che assicurano una biodiversità molto importante in tutta la regione biogeografica del Mediterraneo e ricca di specie endemiche rare.
Nonostante le interazioni centenarie tra gli uomini e la natura, il paesaggio ha mantenuto un rapporto armonioso tra le attività umane, l’ambiente naturale e gli insediamenti urbani. Nel territorio della Riserva vivono, in 71 Comuni, circa 386mila abitanti dediti soprattutto all’agricoltura, alla silvicoltura e all’all'allevamento"
La Riserva della Sila assicura una biodiversità molto importante nella regione, ricca di specie endemiche rare
La Sila tra storia e tradizioni
La Sila si può rappresentare con tre simboli: il brigante, il pino e il lupo. Questi rappresentano rispettivamente l’uomo bellicoso, la natura selvaggia, gli animali feroci. Popolazioni preistoriche vivevano sull’altopiano silano in capanne e grotte scavate nel calcare. Usavano i pesi per le reti da pesca nei fiumi e nelle paludi (lago Cecita – francesca canino blogspot – non solo reperti longobardi sul lago). Producevano ceramica e soprattutto adoperavano armi con punte di pietra per la caccia. Come lance con il propulsore, lame di ossidiana per tagliare la carne ed enormi asce di bronzo per tagliare gli alberi. Le popolazioni indigene della Sila commerciavano legname e pece con tutto il Mediterraneo.
Nasce il toponimo Sila
I Romani, appena conquistato il Bruttium, aggredirono le foreste della Sila perché avevano bisogno di legna per la costruzione delle navi. Nacque in quel periodo il significato tradizionale del toponimo Sila, proveniente dal tema osco-latino Silva, che significa bosco. In realtà “Sila” è una parola paleomediterranea, antichissima lingua di substrato alla quale si sono mescolate poi le altre, che significa “canale lungo e stretto in cui scorre l’acqua” (francesca canino blogspot – il significato della parola sila).
Sila immensa riserva di caccia
L’altopiano silano, per la sua straordinaria fauna, era anche un’immensa riserva di caccia. Un vero scrigno ricco di diverse specie animali, molte delle quali purtroppo estinte. E gli abitanti? Il mito delle popolazioni bellicose della Sila comincia con i misteriosi Sileraion, feroci mercenari che combattevano in Sicilia al servizio dei tiranni nel IV secolo a.C. (francesca canino blogspot – la scoperta dei sileraion).
In tempi più recenti vennero i briganti, contadini o pastori stanchi di subire le angherie dei padroni che si davano alla macchia nelle grandi foreste, dove era veramente difficile catturarli. Molti erano delinquenti sanguinari, altri divennero dei simboli di libertà per il popolo oppresso dei contadini. (francesca canino blogspot – i briganti della sila).
Sila 2.0
E oggi? Non ci sono più i briganti, né i latifondisti (francesca canino blogspot – sila 1950 assalto al latifondo). Resistono ancora i “Giganti della Sila di Fallistro”, patrimonio naturalistico da conservare. Infatti, qui si trovano cinquantasei esemplari di Pino laricio e cinque di Acero di monte che costituiscono la “Riserva Biogenetica Naturale”, istituita nel 1987 dal ministero dell’Ambiente. Nel corso degli anni ’70, furono condotti alcuni studi sui campioni legnosi di questi pini e aceri da parte del responsabile della Stazione Sperimentale per la Selvicoltura di Cosenza. Gli studi accertarono che le piante di oltre 1000 metri cubi hanno più di cinque secoli di vita.
I Giganti della Sila di Fallistro
Il “Gran Bosco d’Italia”
Il “Gran Bosco d’Italia”, come è denominata la Sila, ospita anche faggi, abeti bianchi, querce, castagni, tigli. Insieme a una grande varietà di animali: lupi, cinghiali, volpi, tassi, lontre, cervi, caprioli, scoiattoli. Falchi pellegrini e nibbi reali dispiegano le loro ali sui laghi Cecita, Arvo, Ampollino, Ariamacìna, sede, questa, anche di un’Oasi naturalistica. Un vero paradiso terrestre cui fa da contraltare l’incuria di alcuni amministratori locali che hanno oltraggiato luoghi silani con la sporcizia, le colate di cemento e l’abbandono (francesca canino blogspot – camigliatello le compiute abbandonate).
Da alcuni anni, inoltre, una gran quantità di pini è stata attaccata dalla processionaria che ha costruito i suoi nidi tra gli aghi delle conifere, condannando a morte gli alberi (francesca canino blogspot – sila allarme processionaria la risposta).
Il Parco Nazionale della Sila
Una grande realtà dell’altopiano è il Parco Nazionale della Sila, che si estende per complessivi 73.695 ettari. Al suo presidente Francesco Curcio abbiamo rivolto alcune domande sui progetti realizzati e sui progetti futuri.
Facciamo un bilancio dell’anno appena terminato
«Il Parco ha chiuso il 2020 con una immissione sul territorio di oltre 5,5milioni di euro per potenziare la ciclovia, la sentieristica, la greenvision e altre attività rivolte alla conservazione e al monitoraggio dei siti. Progetti che in questo periodo di pandemia si sono rivelati una boccata d’ossigeno per il Parco e per le aziende, per le associazioni, per gli operatori turistici e per tutti gli altri che lavorano all’interno di esso».
Quali sono i progetti per il 2021?
«Il futuro non dovrà discostarsi dal passato, bisogna lavorare ancora sulla conservazione che è la mission del Parco. Come indicato dalla legge istitutiva dei Parchi nazionali, ci concentreremo sulla biodiversità. Il nostro Parco, infatti, è ricchissimo di biodiversità. Lavoreremo per incentivare il turismo soprattutto quello accessibile, con particolare attenzione ai portatori di disabilità. Vogliamo far avvicinare al Parco, sia da un punto di vista della mobilità, sia da un punto di vista sensoriale, chi ha problemi di vista o di deambulazione. Credo che sia importante dedicare a ciò grande attenzione. Aggiungo che il ministero dell’Ambiente ha avviato una campagna rivolta a queste persone e ci ha chiesto di progettare qualcosa di utile per le disabilità».
La conservazione della biodiversità è la mission del Parco
Le decisioni del Consiglio direttivo
Nel territorio del Parco ci sono importanti aree archeologiche, saranno valorizzate?
«Solo pochi giorni fa, il Consiglio direttivo del Parco si è riunito per discutere di ciò. Io ho voluto puntare l’attenzione sui ritrovamenti, nel 2017, dei resti dell’Elephas antiquus. Il mio incarico di presidente risale al 2019, per questo voglio verificare cosa è successo negli anni precedenti. Perché questa storia dell’Elephas mi ha molto appassionato e potrebbe essere una ricchezza per il territorio. Sono a conoscenza che il molare e un pezzo di zanna dell’elefante sono nei laboratori dell’Università di Campobasso, ma da allora abbiamo perso le tracce.
In Consiglio direttivo abbiamo deciso di attuare ogni possibile iniziativa per capire perché non si è più saputo nulla. Tra l’altro pare siano stati stanziati dalla Regione Calabria ben 100mila euro che non sappiamo se sono mai giunti all’Università di Campobasso. Abbiamo deliberato di inviare una nota all’Università per capire qual è lo stato dell’arte. Allestire un’area museale dove inserire questi reperti ed eventualmente altri che potrebbero sopraggiungere, sarebbe un richiamo per i turisti e per tutti i cittadini. Ci troveremmo davanti a qualcosa che è al di fuori di ogni aspettativa. Infatti stiamo parlando di un manufatto di pietra realizzato circa 12mila anni fa». (francesca canino blogspot – l elefante fossile di cecita).
Il museo che non c’è
E i reperti rinvenuti sul lago Cecita?
«Di questi si sono perse le tracce. Intorno al 2002/03, un ricercatore dell’Università della Calabria e un gruppo di ragazzi hanno ritrovato alcuni reperti. Tra cui punte di lancia, ossidiana e altri oggetti che facevano capire che lì c’era stata una civiltà. La Soprintendenza era stata avvisata, vennero anche i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e dissero che bisognava custodirli. Nell’area del Cupone abbiamo un piccolo museo che avrebbe potuto accogliere questi reperti, ma da allora non ho più saputo nulla».
Sarebbe utile fare altre campagne di scavo?
«Non è facile, perché i resti dell’Elephas, così come probabilmente altri reperti, sono sott’acqua».
Dobbiamo allora sperare in una siccità?
«La siccità ci sarà, arriva ogni anno perché le acque del lago Cecita sono utilizzate per scopi idroelettrici. E quando c’è poco afflusso da parte dei torrenti il livello del lago scende per qualche mese per poi risalire. Ma soprattutto, non so l’Enel, proprietaria del Cecita, quanto possa gradire una eventuale proposta di non lasciare riempire l’invaso per favorire uno scavo archeologico».
C’è una realtà unica in Sila, la riserva dei Giganti di Fallistro, è abbastanza valorizzata?
«Dagli ultimi dati del Fai, che gestisce la riserva anche se il proprietario è il Parco, abbiamo appreso che i visitatori nell’ultima stagione sono stati molto numerosi. La cosa da fare non è tanto rivalutare l’area, quanto fare uno studio importante sui pini secolari di Fallistro. Stiamo per avviare un Protocollo di collaborazione con l’Università di Firenze per cercare di sapere, attraverso un’indagine scientifica sulla riserva, quante di queste piante potrebbero essere in pericolo di caduta e quanti anni ancora potranno restare in piedi. Il Protocollo sarà avviato nel corso del 2021. Aggiungo che anche l’Università di Amburgo si è mostrata interessata a questi studi».
Altro gioiello del Parco è la Colonia Silana, parliamone
«Ultimamente, il comune di Spezzano della Sila ha promesso che concederà al Parco in comodato la Colonia Silana (francesca canino blogspot – la colonia silana federici). Va assolutamente ristrutturata e per fare ciò servono dei fondi. Ogni anno, il ministero dell’Ambiente invia dei fondi ai Parchi. Io ho inteso destinarli a un progetto per ristrutturare la Colonia. Il ministero dovrebbe farci avere 3milioni di euro per recuperare la struttura e per creare qualcosa affinché non rimanga inutilizzata. Per questo motivo, abbiamo chiesto al Comune di Spezzano della Sila, nel cui territorio ricade la Colonia, di concederla a noi. Non abbiamo ancora firmato, ma questo non è un problema, siamo sicuri che il Comune ci concederà la Colonia in comodato. Vorremmo crearvi una Scuola di alta formazione ambientale, ci sono spazi molto grandi, questa sarebbe l’idea di base. Il Comune è ben disposto a concederla a noi, ora aspettiamo la risposta del ministero. Siamo fiduciosi».
La Colonia Silana